martedì 23 giugno 2015

FINE


Il nostro erbario

















I Calligrammi





Le nostre rime

  • FILASTROCCHE


L’ALBERO GRANDE
Ho tante domande
Su quell'albero grande,
vicino c’era un alberello
grande come un ombrello,
e c’era un falegname,
che lavorava il legname,
c’era anche un contadino
che guardava un cagnolino.


Il bosco
Il bosco decorato
d'inverno immacolato,
d'autunno annebbiato,
d'estate accogliente,
 fa piacere alla gente.
Perfetto per le vacanze
senza lagnanze.



Lo Gnometto
In un boschetto 
c’era uno gnometto,
che al mattino
indossava un pannolino
e dopo un pranzetto
prendeva il suo zainetto,
piccolino,piccolino
con un bel fiorellino.



 Il fuoco
                                              Fuoco, fuocherello,
brucia un ramoscello,
brucia la foresta,
niente più resta.

    L’acqua scorre,
in aiuto corre,
il fuoco svanisce
e la foresta rifiorisce.


  • LIMERIK


   Il vecchio signore   
C’era un vecchio signore
Che mangiava tutte le ore,
mangiava sempre erbaccia,
così gli venne il mal di pancia,   
quel povero vecchio signore che mangiò altre due ore.



L'albero
C'era un vecchio albero
che gridava:_Sono un pero!
Si guardò e si spaventò:
_Come farò?
Quel povero vecchio albero.


L’Alberino piccolino
C’era un boschettino piccolino,piccolino
con un alberino assai carino
la sua chiomina aveva una foglina.
Lo chiamavano Panciottino,
quel piccolo e grazioso boschettino.


Un filo d'erba
C’era una volta un filo d’erba
Che diceva:”Sono diventata acerba !
Per questo maledetto cruciverba!
Mi avete fatto diventare matta, acciderba!”
Quel maledetto filo d’erba.

  • Nonsense                             



L’ALBERELLO
C’era un alberello    
che era grande come un castello,
vicino c’era una quercetta
che era piccola come una molletta,
là vicino c’era un bambino
che mangiava un bastoncino.


La quercia
E la quercia fa festa,
corre e compie gesta,
beve esta-thè
e mangia pancarrè.
Poi si lamenta
e infine si addormenta.

L’Alberello Pazzerello
                                    L’Alberello Pazzerello
che porta con sé un ombrello,
per andare a lavorare,
guadagnare e volare,
prendeva la patente
per salutare la gente,
faceva dispetti,
a tutti i topetti.
Mi chiamano Pazzerello,
perché sono un po’ monello.

                                       
L’ALBERELLO 
L’alberello pazzerello
Corre come un agnello,
travestito da farfalla
nello stagno sta a galla.
I picchi  lo aggrediscono
e poi lo riconoscono,
con lui si scusano,
ma le foglie rubano.
  



lunedì 1 giugno 2015

Tipi di boschi

TIPI DI BOSCHI

Gran parte dei boschi della nostra regione viene chiamata bosco ceduo, mentre il resto viene definito ad alto fusto. 

Il bosco ceduo è quello formato da alberi con più tronchi che partono da una stessa base, questi alberi sono stati precedentemente tagliati permettendo quindi la ricrescita dal basso di nuovi alberelli. 

Il bosco viene classificato ad alto fusto o anche fustaia quando l'albero cresce dritto con un unico tronco. In Umbria i boschi ad alto fusto sono per lo più composti da conifere, spesso frutto di rimboschimenti fatti nei periodi successivi alla prima e alla seconda Guerra Mondiale. In Umbria possiamo trovare sia boschi con latifoglie, sia boschi di conifere. Le latifoglie più diffuse sono il cerro, la roverella, il leccio, il carpino nero e l'orniello. 

Tra le conifere le specie più diffuse sono il pino d'aleppo e il pino nero entrambi usati per il rimboschimento, anche se il primo può comunque crescere spontaneo in molte vallate e colline. 

I principali motivi della presenza di queste specie piuttosto che altre sono la prevalenza della collina sulla montagna e il clima né troppo caldo né troppo freddo.


Esperimenti svolti

ESPERIMENTI SULLA RADICE:


L’OSMOSI

L’osmosi è un processo fisico spontaneo, vale a dire senza apporto di energia dall’esterno che tende a diluire la soluzione più concentrata, in modo da ridurre la differenza di concentrazione, durante l’osmosi c’è una diffusione di solvente attraverso una membrana semipermeabile dal compartimento a minore concentrazione di soluto verso quello a maggiore concentrazione di soluto.
LE RADICI ASSORBONO ACQUA ATTRAVERSO IL FENOMENO DELL’OSMOSI.


IL FENOMENO DELL’OSMOSI

ESPERIMENTO 1
TITOLO DELL’ESPERIMENTO: osmosi.
SCOPO DELL’ESPERIMENTO: verificare il fenomeno dell’osmosi.
MATERIALI: patata,coltello,cucchiaio,acqua,zucchero,recipiente.
DESCRIZIONE DELL’ESPERIMENTO: con un coltello tagliare la patata a metà ,scavare quindi in ogni metà una cavità e segnarle con due lettere differenti (A,B) riempire di zucchero la patata A,posizionare le due metà sul recipiente e riempirlo d’acqua.
OSSERVAZIONI: la patata contenente lo zucchero si riempe d’acqua mentre l’altra resta vuota
CONCLUSIONI: nella patata contenente lo zucchero il fenomeno dell’osmosi ha provocato il trasferimento dell’ acqua all’interno cioè si è spostata dal piatto alla patata che presenta una concentrazione maggiore.



ESPERIMENTO 2
TITOLO DELL’ ESPERIMENTO:osmosi.
SCOPO DELL’ ESPERIMENTO: verificare il fenomeno dell’osmosi.
MATERIALI:patata,coltello,acqua, sale, piatti,becher.
DESCRIZIONE DELL’ ESPERIMENTO:prendere un becher , mettere dentro acqua e sale e nel frattempo tagliare 2 fette sottili  di patata e posizionare le 2 fette in 2 piatti differenti.Versare la soluzione acqua/sale e nell’ altro solo acqua.Aspettare circa mezz'ora , togliere le fette da entrambi i piatti e cercare di spezzarle per confrontare consistenza e flessibilità.
OSSERVAZIONI:le fette di patata immerse in un certo tempo in acqua salata sono flosce mentre quelle immerse in acqua di rubinetto sono più rigide.
CONCLUSIONE:nella fetta immersa in acqua salata l’acqua si è spostata dalla fetta alla soluzione nel piatto perché quest’ ultima risulta più concentrata.Questa disidratazione rende le cellule più flosce.Il contrario avviene nell’ altro piatto, l’acqua entra nelle celule rendendole più rigide.


ESPERIMENTO 3
TITOLO DELL’ESPERIMENTO: osmosi
SCOPO DELL’ESPERIMENTO: verificare il fenomeno dell’osmosi
MATERIALI: 2 uova,2 barattoli,becher,acqua,spago,righello,sale,aceto.
DESCRIZIONE DELL’ESPERIMENTO: prendere lo spago  misurare e annotare la circonferenza massima delle due uova,sistemare le due uova all’interno dei due barattoli facendo attenzione a non rompere i gusci.Versare dentro un barattolo l’aceto fino a coprire l’uovo contemporaneamente i un becher sciogliere acqua e sale creando una soluzione e versare fino a ricoprire l’uovo.Aspettare una settimana,togliere le due uova dai barattoli, misurare la loro circonferenza e osservare la loro consistenza.
OSSERVAZIONI: l’uovo immerso nell’aceto risulta privo di guscio e molto elastico, mentre l’altro non presenta differenze.
CONCLUSIONI: tra il carbonato di calcio he costituisce il guscio dell’ uovo avviene una reazione chimica che porta l’aceto a sciogliere il guscio.L’uovo nudo attira al suo interno acqua poiché più concentrato, in seguito al fenomeno dell’ osmosi ingrossandosi notevolmente. Nell’altro uovo invece dove non abbiamo ritrovato nessun cambiamento in realtà avremmo dovuto notare una riduzione della circonferenza, poiché in seguito al fenomeno dell’osmosi l’acqua sarebbe dovuta uscire dall’uovo immerso in una soluzione più concentrata. 
Possiamo quindi dedurre che la non riuscita dell’esperimento sia la conseguenza del fatto che: 
o non abbiamo messo abbastanza sale nell’acqua 
o non abbiamo misurato correttamente 
o non abbiamo lasciato l’uovo nel barattolo per il giusto tempo.

ESPERIMENTI SUL FUSTO:


Esperimento 1                   
TITOLO DELL’ESPERIMENTO: capillarità.
SCOPO DELL’ESPERIMENTO: verificare il fenomeno della capillarità.
MATERIALI: bicchiere di plastica,inchiostro,sedano e acqua.
 DESCRIZIONE: abbiamo preso il bicchiere e ci abbiamo messo dentro l’inchiostro diluito con l’acqua e infilato dentro il sedano.
OSSERVAZIONE: il sedano si colora di blu.
CONCLUSIONI:l’inchiostro per il fenomeno della capillarità è salito lungo i vasi conduttori del fusto e ha gradatamente colorato il sedano.



Esperimento 2                   
TITOLO DELL’ESPERIMENTO: capillarità.  
SCOPO DELL’ESPERIMENTO: verificare il fenomeno della capillarità.
 MATERIALI: piatto di plastica, foglio di carta, colori e acqua.
DESCRIZIONE: abbiamo fatto un fiore a forma di stella esagonale e l’abbiamo colorato,dentro il piatto abbiamo versato dell’acqua e ci abbiamo posato il fiore con le punte rivolte verso il centro.
CONCLUSIONI: le punte dell’esagono si sono aperte perché l’acqua grazie alla capillarità è salita lungo le punte  che si sono appesantite e si sono aperte.

ESPERIMENTI SULLA FOGLIA:

ESPERIMENTO 1
Titolo dell’esperimento: L’estrazione della clorofilla.
Scopo dell’esperimento: osservazione dei vari pigmenti presenti all’interno della foglia.
Materiali: foglie di spinaci, alcool non denaturato a 95°, mortaio con pestello, carta da filtro, beuta, striscia di carta assorbente.
Descrizione: tritare una certa quantità di foglie di spinaci dentro al mortaio con il pestello,
aggiungere una piccola quantità di alcool, mescolare ed aggiungerne altro e aspettare che la clorofilla estratta dalle foglie colori di verde l’alcool. Procedere alla filtrazione del liquido ottenuto per eliminare i frammenti di foglia, versare quindi il filtro in un beuta.
Intingere una striscetta di carta assorbente e dell’alcol.
Osservazioni: possiamo vedere nella striscia di carta, diversi strati di colori che vanno dal verde al giallo arancio.
Conclusioni: l’acool, migrando per capilarità, lungo la striscia trasportati i vari
pigmenti e li deposita ad altezze diverse a seconda delle loro strutture molecolari e
delle loro affinità per l’alcool. Quelle con maggiore affinità vanno più in alto e quelle con meno vanno in basso.
Questa tecnica si chiama CROMATOGRAFIA.
Nella parte in basso è verde scuro (clorofilla)
poi da un verde chiaro (clorofilla A) 
una parte giallastra (Xantofilla
e per ultima una parte gialla arancio (carotene).


esperimento 2
TITOLO DELL’ESPERIMENTO: la traspirazione delle piante
SCOPO DELL’ESPERIMENTO: Verificare il fenomeno della traspirazione
MATERIALI: Pianta, Cellofan, scotch.
DESCRIZIONE DELL’ESPERIMENTO: Mettere l’acqua nella pianta. Prendere la pianta metterla dentro il cellofan trasparente, chiuderla con il nastro adesivo in modo che non passi l’aria e lasciarla sotto il sole.
OSSERVAZIONI: Dopo 20 minuti circa abbiamo visto che il cellofan crea una condensa interna, a contatto con la pianta.

CONCLUSIONI: La pianta restando sotto il sole ha effettuato il fenomeno della traspirazione, producendo vapore acqueo che è stato “catturato” dal cellofan che la ricopriva.

ESPERIMENTI SUI SEMI:


ESPERIMENTO 1
TITOLO DELL'ESPERIMENTO: Che cosa c'è nei cotiledoni?
SCOPO DELL'ESPERIMENTO: Verificare che cosa c'è dentro ai cotiledoni del fagiolo e dell'arachide
MATERIALI: Semi di fagiolo, arachide, acqua, tintura di iodio, carta assorbente, piatto, provette, pestello.
DESCRIZIONE DELL'ESPERIMENTO: Estrarre i cotiledoni dai semi e pestarli, mettere la poltiglia ottenuta in due provette con poca acqua. Aggiungere la tintura di iodio e aspettare.
Prendere altri semi e pestarli sopra la carta assorbente.
OSSERVAZIONI: I semi di fagiolo e di arachide tritati a contatto con la tintura di iodio hanno assunto un colore verde-bluastro, più intensa per i semi di fagiolo.
Nella carta assorbente entrambe le poltiglie hanno lasciato una macchia lucida, molto più abbondante con i semi di arachide.
CONCLUSIONE: POichè i carboidrati a contatto con la tintura di iodio assumono una colorazione bluastra, dall'esperimento possiamo dedurre che i semi di fagiolo sono più ricchi di zuccheri rispetto ai semi di arachidi che al contrario sono più richhi di grassi come evidenziato dalla macchia traslucida.

ESPERIMENTO 2
TITOLO DELL'ESPERIMENTO: Germinazione del fagiolo
SCOPO DELL'ESPERIMENTO: Osservare come da un seme di fagiolo può avere origine una pianta e come la come la crescita di questa pianta abbia bisogno di entrambi i cotiledoni per svilupparsi.
MATERIALI: recipiente, ovatta, semi di fagiolo, acqua.
DESCRIZIONE: Posizionare dentro al recipiente un po' d'ovatta imbevuta di acqua, quindi metterci sopra due semi di fagiolo e aspettare alcuni giorni la loro germinazione. 
Avvenuta la germinazione staccare in uno dei due semi un cotiledone e aspettare.
OSSERVAZIONI: La pianta con entrambi i cotiledoni è riuscita a svilupparsi, mentre quella in cui era stato staccato uno dei due cotiledoni ha interrotto la sua crescita.
CONCLUSIONI:  La presenza di un solo cotiledone non da alla pianta le adeguate sostanze di riserva per permettergli di crescere adeguatamente.


ESPERIMENTI SUL FRUTTO:

ESPERIMENTO 1
TITOLO DELL'ESPERIMENTO: estrazione del DNA dalla banana
SCOPO DELL'ESPERIMENTO: estrarre il DNA dalla banana
MATERIALI: bicchieri, piatto, forchetta, cucchiaio, bilancia, barattolo, passino, pentola, banana, acqua, sale da cucina, detersivo, alcool, succo di ananas, carta da filtro, siringa, provette.
DESCRIZIONE: prendere circa 100g di polpa di banana, schiacciare con una forchetta e trasferire il tutto in un vasetto. Prendere un cucchiaino di sale, metterlo in un bicchiere e aggiungere 10ml di detersivo per i piatti e successivamente aggiungere 20ml di acqua.
Unire questa soluzione con la polpa di banana e mettere un vasetto in un pentolino con acqua e riscaldare il tutto a 60°C per 15 minuti. Filtrare il tutto prima con il passino e poi con la carta da filtro e raccogliere 5ml di filtrato in una provetta. Aggiungere quindi 1ml di succo d'ananas e lasciar riposare per 5 minuti. Aggiungere infine 6ml di etanolo (alcool freddo) molto lentamente evitando di mescolare le due soluzioni.
OSSERVAZIONI: Dopo aver aggiunto l'alcool appare una piccola massa gelatinosa che può essere "catturata" con un bastoncino.
CONCLUSIONI: Sminuzzare il frutto serve per rompere le cellule della banana e facilitare il contatto della poltiglia con la soluzione di acqua, sale e sapone, che scioglie lo strato di fosfolipidi che costituisce la membrana delle cellule. Il tempo di riposo permette alla soluzione di agire al meglio; filtrando il composto si ottiene un liquido ricco di DNA.
Il succo d'ananas degrada gli istoni (proteine) attorno a cui è avvolta la molecola di DNA perchè contiene una sostanza chiamata bromelina che ha la capacità di sciogliere le proteine.
A questo punto il DNA non è ancora visibile perchè è solubile in acqua; aggiungendo dell'alcool in cui non è solubile, affiora gradualmente come una nuvoletta.



La toponomastica

LA TOPONOMASTICA

ETIMOLOGIA: topos (=luogo) + onoma (=nome)
La toponomastica è una disciplina che studia l’origine e il significato dei nomi e dei luoghi. I  luoghi in Umbria con nomi legati alle piante o alle attività boschive sono molto numerosi. 

Ecco alcuni esempi:

GUALDO = deriva dal longobardo wald, che significa “bosco”.

MACCHIA = deriva dal latino macula e viene usato per indicare una boscaglia bassa, fitta e intricata. Il termine è presente già nella toponomastica medievale.

FAIOLO = denominazione  antica di faggio.

LI PIOPPI = era tradizione contadina quella di piantare cento pioppi alla nascita di una figlia. Dopo venti anni venivano abbattuti e il ricavato della vendita usato come dote.

LORETO = dal latino laurum (= alloro).

CESI = dal verbo latino caedo che vuol dire “abbattere, tagliare alberi”

RONCO/RANCO = deriva dal latino runco che significa “mietere”, “disboscare”.


Gli incendi

GLI INCENDI BOSCHIVI


Un incendi o è un fenomeno di trasformazione fisica e chimica.
Affinché si verifichi un incendio, sono necessari i seguenti elementi:
-combustibile (legno, materiale erbaceo secco)
-ossigeno (O2)
-calore.
Un incendio si sviluppa attraverso  quattro fasi:
1 Surriscaldamento
2 Evaporazione
3 Aumento della temperatura
4 Combustione viva

Esistono 3 principali tipi di incendi boschivi:

1Incendi Sotterranei: bruciano lentamente le sostanze organiche vive o morte sotto il suolo (Nord Europa e Nord America).
2 Incendi bassi radenti: brucia il sottobosco (lettiera, erba e arbusti di piccola taglia). Sono frequenti in Umbria.
3 Incendi alti: riguardano le chiome. Sono molto difficili da domare.

La lotta contro gli incendi:
1 Segnalazione: ogni cittadino può segnalare e chiamare il numero verde 1515.
2 Squadre di interventi: comunità montana, corpo forestale dello stato e vigili del fuoco. Interviene la squadra più vicina all’area indicata dall’avvistatore.
3 Tipologie di interventi: elicotteri, aerei e mezzi di trasporto stradale attrezzati con acqua, tubi flessibili e lance di aspersione per orientare l’acqua.

Attrezzature  individuali  per  la sicurezza:
Tuta protettiva, guanti protettivi, stivali antinfortunistici, maschera anti gas, caschetto protettivo.









FIABA: Zenzero e Betti

ZENZERO E BETTI

Tanto tempo fa in Irlanda viveva una bambina che si chiamava Bettina e che aveva un nomignolo molto curioso, “Fiocco di neve” perché era molto delicata e aveva una carnagione chiara come la neve. A quei tempi girava la voce di un’ antica leggenda. Si  diceva dell’esistenza di un bosco incantato, molto folto e profondo che era situato nel centro del paese. Qui abitavano delle creature magiche: gli elfi. Erano piccoli omini buffi e bizzarri, creature buone e pacifiche con le orecchie a punta; amavano cantare e ballare, avevano una voce melodiosa e soave e si mostravano solo alle persone gradite. Se sentivano arrivare qualcuno che a loro non piaceva, si mutavano in lucciole, alberi, radici e sassi. Se invece qualcuno li incontrava e se li faceva amici, gli avrebbero portato fortuna e felicità. Molte persone del paese provarono ad entrare nel bosco per incontrarli ma nessuno li vide mai. Un giorno Zenzero, il capo della tribù degli elfi, si mostrò a Fiocco di neve, perché gli sembrava una bambina dolce, sensibile e rispettosa dell’ambiente. Fiocco di neve non credeva ai suoi occhi quando vide quel minuscolo omino dal viso paffuto. Indossava un lungo cappello a punta, pantaloni, casacca verde con grandi bottoni e stivaletti. Zenzero sapeva pure parlare il linguaggio di Bettina ed era l’unico. Disse alla bambina di essersi perso e le chiese di accompagnarlo. La bambina all’inizio si spaventò, poi decise di aspettare perché l’elfo le disse che un suono di campanellino le avrebbe indicato la strada da seguire. Partirono, arrivarono al bosco e trovarono un paesaggio distrutto dall’uomo: sporco, inquinato, bruciato, secco. Dietro una cascata era nascosto il villaggio degli elfi: quello era un posto incantato, c’era un verde lussureggiante, grandi giardini con fiori profumati, ruscelli di acqua limpida, pulita e cristallina. L’elfo disse a Bettina queste parole:
-Il nostro è un mondo incontaminato e incantato di cui nessuno conosce l’esistenza. Noi elfi amiamo la natura e vogliamo proteggerla dagli uomini e per questo non abitiamo più in mezzo a loro.
Zenzero le riferì pure che lei era stata prescelta dal consiglio degli elfi per far tornare tutti i boschi come erano una volta. L’elfo donò a Betty il suo cappello e dei campanellini magici e grazie all’aiuto di questi, la bambina tornò a casa. Ella si impegnò nella promessa che aveva fatto all’elfo prima di lasciarlo: sensibilizzare gli uomini a rispettare la natura e tenerla pulita. Così gli uomini decisero di dedicare ogni settimana un giorno a ripulire boschi, giardini, parchi. Dopo un po’ di tempo i boschi tornarono ad essere puliti e Betty visse felice e contenta.



FIABA: La fanciulla e il fanciullo


LA FANCIULLA E IL FANCIULLO

Un re aveva una figlia bellissima e per timore che qualcuno gliela potesse sottrarre la teneva prigioniera in una torre. La fanciulla trascorreva le sue giornate piangendo e studiando un modo per fuggire. Un giorno alla principessa venne un’idea. Fece finta di avere dei dolori e si mise a gridare. Allora la guardia entrò nella sua camera, ma quando si distrasse la fanciulla fuggì nel bosco.
Quando il servitore di fiducia del re portò il pranzo alla fanciulla, scoprì che la torre era vuota. Il re decise di affidare a un giovane valoroso il compito di ritrovare la figlia. Per questo andò in città e vide un giovane molto forte e coraggioso, allora lo incaricò di ritrovare la ragazza. In  cambio promise un sacco d’oro e sua figlia come sposa. Il giovane accettò. Tre giorni dopo il giovane partì verso i confini del regno alla ricerca della principessa. Il giovane si incamminò verso il bosco dove lo accoglievano alberi maestosi e la fauna di quel luogo. Dopo un po’ sentì dei rumori, poi all’improvviso spuntò fuori un mostro che teneva prigioniera la principessa. Così il giovane scagliò una freccia dopo l’altra, ma il mostro non mosse ciglio, allora prese la spada incantata che aveva da molto tempo e dopo poco riuscì  a sconfiggere il mostro e a salvare la principessa. Quando la riportò al re, lui mantenne la promessa del matrimonio. I due ragazzi vissero per sempre felici e contenti.








FAVOLA: La grande gara

LA GRANDE GARA

C’erano una volta una graziosa e gentile farfalla, che aveva molti amici, e un lupo brutto, arrogante e triste perché era sempre solo.
Un giorno arrivò un pappagallo che annunciò:
- Questa sera si terrà una competizione a coppie per vincere mille monete d’oro! La gara sarà ambientata nel “Bosco Maligno” e    consiste nell’ attraversarlo.
Il “Bosco Maligno”era stregato, lugubre e spaventoso: gli alberi erano tutti secchi , i prati grigi e una nebbia fitta lo racchiudeva.
Il lupo decise di partecipare insieme alla farfalla credendola amichevole e intelligente. Così andò da lei e le chiese:
- Vuoi partecipare alla gara di stasera con me?
La farfalla rispose entusiasta :
- Certo che verrò con te! Pensa che ho anche una mappa del
 “Bosco Maligno!”
Arrivò la sera e i due si recarono al punto di partenza.
Pronti, partenza, via…La gara cominciò, il lupo e la farfalla si incamminarono spaventati. La farfalla cominciò a svolazzare per farsi notare e iniziò a vantarsi dicendo:
- Hai visto le mie ali come sono belle? Sapevi che domani vado a fare shopping? Oggi ho anche comprato questo bel vestito, ti piace?
Mentre la farfalla continuava a pavoneggiarsi, le scivolò la mappa nel lago stagnante che era lì vicino, così il lupo protestò:
- Sono stufo delle tue chiacchiere e non voglio più proseguire con te!
Il lupo riuscì a vincere la gara senza l’aiuto della farfalla,che rimase lì senza trovare la strada del ritorno.
Questo dimostra che è meglio stare soli che essere male      accompagnati.




FAVOLA: La donnola e il serpente

LA DONNOLA E IL SERPENTE

C’erano una volta una selvaggia donnola e un serpente agile.
Questi due vivevano in una casa accogliente e piena di luce al centro di una radura immensa. I due litigavano sempre per ogni cosa; infatti discutevano soprattutto per il cibo, visto che ognuno voleva mangiare le cose migliori e nessuno voleva gli scarti.
Ogni volta che il loro padrone andava a fare la spesa i due iniziavano a combattere. La donnola, sempre sicura di sé, riusciva a prendere le cose più buone e al povero serpente rimanevano sempre gli scarti. Il serpente stanco di quelle sconfitte, decise,  sulla base di un piano ben studiato ed elaborato, di offrire tutto alla donnola che mangiò tutto con avidità.
In questo modo la donnola sazia si addormentò tranquillamente.
Mentre dormiva, si fece buio e il padrone stanco tornò dal lavoro con una busta piena di leccornie, andò a dormire. Intanto il serpente sgattaiolò in cucina dove, senza la paura che la donnola lo battesse sul tempo, si mangiò tutto.
La donnola la mattina dopo corse in cucina, ma rimase delusa perché nel frigo non c’era più nulla da mangiare.

Questa storia fa capire che… chi dorme non piglia pesci!


FAVOLA: Lo scoiattolo e il cinghiale

Lo scoiattolo e il cinghiale

C’ era una volta uno scoiattolo di nome Yoghi che era solo soletto nel bosco. Il bosco era tenebroso e pieno di alberi e cespugli. Un giorno lo scoiattolo andò a prendere un po’di ghiande per l’inverno. Ad un certo punto vide un cespuglio che si muoveva. Preso dalla curiosità, andò a guardare e vide un cinghiale: si conobbero, diventarono subito amici e insieme andarono in giro per il bosco. Yoghi gli domandò:
- Come ti chiami?
 Lui gli rispose con aria menefreghista:
- Mi chiamo Ottoso.
Yoghi esclamò:
- Ah Ottoso !! Che bel nome!
Così andarono a fare un giretto, ma Yoghi vedeva che il cinghiale era un po’ strano, come se si volesse vantare, ma visto che Ottoso  era il suo primo amico, era contento e stava volentieri con lui. Ad un certo punto lo scoiattolo vide che il cinghiale faceva i dispetti  agli altri animali e rimase sbalordito. Così continuarono il cammino, ma Ottoso,  un po’birichino, stava dando i calci ad un albero. Yoghi, sempre più sbigottito gli disse:
-Non si danno i calci agli alberi perché producono ossigeno!
Lui, insensibile, andò avanti. Ad un certo punto, Yoghi un po’ arrabbiato lo fermò e gli disse:
- Preferisco stare da solo piuttosto che con te, un cinghiale maleducato.
Quindi se ne andò e rimase da solo, però un po’ felice di aver lasciato un’amicizia sbagliata.



FAVOLA: Il lupo sciocco


IL LUPO SCIOCCO

C’era una volta un bosco con alberi molto alti che formavano un tetto da dove non penetrava la luce del sole; gli alberi erano robusti e maestosi, il sottobosco era formato da ricca vegetazione come cespugli molto grandi pieni di frutti, umido muschio, foglie cadute di diversi colori e piantine odorose come il finocchio e il rosmarino.
Il bosco era molto popolato da animali di diversa specie, il cui capo era il grande lupo, che un giorno incontrò una farfalla e dopo averla osservata decise di farle un dispetto, cioè di dirle una bugia.
Così un giorno il lupo organizzò una gara e disse alla farfalla quello che doveva fare: -Ascolta! Quando inizierà la gara, non passare vicino al fiume, ma passa per il sentiero tutto scuro perché farai molto prima!
Il giorno della gara la farfalla passò per il sentiero indicato dal lupo, però dopo un po’ si perse e capì che il lupo le aveva detto una bugia e quando ne uscì il lupo che stava al traguardo rideva tra sè e sè.
Il giorno dopo la farfalla volle vendicarsi e disse al lupo:
-Ti interessano delle pecore ?
Il lupo rispose :
-Certo che mi interessano!
Allora la farfalla:
-Segui queste indicazioni: prendi il sentiero vicino al fiume e seguilo fino a che non vedi un ponte che lo attraversa, passalo e quando vedrai una collina con delle pecore, vai verso quella direzione e dopo un po’ sarai arrivato!
Allora il lupo andò subito per il sentiero seguendo le indicazioni della farfalla però, quando lui arrivò, si rese conto che le cose bianche che vedeva da lontano erano solo delle margherite.
Questa favola insegna che quando uno fa un dispetto se lo deve poi sempre aspettare ovvero come dice il proverbio: “Ride bene chi ride ultimo”.